23 maggio 2023
"Sono passati 31 anni dalla strage di Capaci, che più di tutte, insieme a quella del giudice Borsellino, in un’epoca di terrorismo e stragi mafiose, ha segnato lo spirito e la coscienza del nostro Paese.
Il 23 maggio 1992 alle 17.57, persero la vita Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, i tre agenti della scorta: Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo e si ferirono 23 persone, fra le quali gli agenti Paolo Capuzza, Angelo Corbo, Gaspare Cervello e l'autista del giudice Falcone, Giuseppe Costanza, che si salvò semplicemente perché il giudice volle mettersi alla guida dell’auto che saltò in aria a Capaci.
Erano gli anni di mani Pulite, delle stragi e delle esecuzioni mafiose, dei Maxi processi e delle prime vere condanne, anni in cui il Giudice Falcone ha cambiato il modo di indagare e iniziato a capire il linguaggio mafioso, a colpire i patrimoni e finanze, ha messo in subbuglio un mondo strutturato e impenetrabile, ha decodificato caratteri, metodi, storie e ha inventato gli strumenti per indagare i gruppi mafiosi, i capitali, le connivenze. Giovanni Falcone ha trovato la strada per penetrare e distruggere la mafia studiandola, la sua carriera non ha avuto un percorso facile o gratificante, ma non ha mai smesso di lottare contro il sistema mafioso e descriverlo come un fenomeno parallelo allo stato che si insidia nella società civile, e così scrive nel suo libro del 1991 “Cose di Cosa nostra”:
“Entrare a far parte della mafia equivale a convertirsi a una religione. Non si cessa mai di essere preti. Né mafiosi."
La mafia si caratterizza per la sua rapidità nell'adeguare valori arcaici alle esigenze del presente, per la sua abilità nel confondersi con la società civile, per l'uso dell'intimidazione e della violenza, per il numero e la statura criminale dei suoi adepti, per la sua capacità ad essere sempre diversa e sempre uguale a se stessa. Dovremo ancora per lungo tempo confrontarci con la criminalità organizzata di stampo mafioso. Per lungo tempo, non per l'eternità: perché la mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine.”
Giovanni Falcone anche nei momenti più difficili ha affrontato il suo destino con enorme coraggio, conosceva bene la crudeltà, la capacità vendicativa del mondo mafioso e la dimensione del potere mafioso ma non ha mai smesso di occuparsene, anche quando si è sentito più solo ha proseguito.
Ma la storia non è finita e anche se le mafie oggi non stanno compiendo stragi terroristiche, si inseriscono nell’economia del paese, fanno meno notizia ma cancellano la parte buona delle attività per avvantaggiarsene in modo illegale, penetrano nelle istituzioni, si occupano di appalti, di imprese, di sanità, di sociale, di corruzione, distruggono sempre la vita di tante persone e cercano di avere il controllo di tutto. Oltre a norme più rigide, indagini e arresti abbiamo capito che serve anche combattere insieme, una battaglia culturale, educativa, giorno dopo giorno, nelle scuole, negli uffici comunali, nelle aziende, tra la gente, perché ognuno può e deve fare la sua parte, pronto a dire di no e a fare la cosa giusta, nelle piccole e nelle grandi azioni quotidiane , non quello che conviene o che è più facile". Così il Ministro Locatelli in una nota.